..spesso si mescola a quello che penso del mondo che le gira intorno. lo so non va bene, ma è così che mi viene.
allora per guarire mi concentro sui miei inizi, su quel fuoco solitario e autentico che mi ispirava.
vedevo un riflesso, un chiaroscuro, leggevo un messaggio, un’ironia, una tristezza, un pensiero e facevo click.
ero in prima media, era tanto tempo fa.
poi più tardi casualmente la passione divenne lavoro. quando i fotografi erano gli ultimi degli sfigati,
a parte i pochissimi famosi. e pure devo ringraziare quel fuoco che mi spingeva anche quando ero stanca e mio figlio mi diceva:
mamma rivenditi tutto, cambia mestiere, goditi la vita.
ricordo i miei occhi gonfi di pianto riflessi nei vetri della metropolitana a milano, quando frequentavo la scuola di fotografia.
la camera senza bagno, i pasti miseri e veloci tra una lezione e una conferenza, tra una libreria e una mostra.
sempre di corsa, sola, stanca, impaurita ma insieme ostinata nella mia direzione.
e tornare a casa, nella mia città, i miei bambini da seguire, il lavoro in agenzia, tutti che lamentavano la mia assenza,
chiedevano il conto ed io lì a giustificarmi, perché la fotografia non pareva cosa seria.
più volte ho pensato di mollare tutto, ma non sono riuscita mai ad essere quello che non ero.
avrei potuto lavorare nella ditta di famiglia, fare un lavoro che mi lasciasse il we libero, ferie pagate, orari definiti e comodi.
ecco, io oggi ringrazio quel fuoco. bellissimo, unico, trasparente. che a tratti pareva bruciarmi e uccidermi.
eppure l’ho seguito, non ero capace di fare altro.
oggi la cosa che mi fa più felice è che tutto lentamente si è ricomposto in una profonda lezione di vita per me e per i miei figli.
e allora quando ripenso a questo mi si gonfia il cuore di senso e di amore per il mio lavoro.
e ho imparato che se la tua scelta non ti costa sangue non è autentica.
ed ho stima e riconosco chi ce l’ha veramente dentro questo mestiere perché non assomiglia a nessuno se non a sè stesso.

_1 immagine che mi ricorda una sera a casa di mio padre, quando finalmente, poco prima di morire, guardando il mio lavoro in galizia, piangendo
mi ha chiesto scusa per tutto il tempo che mi aveva lasciato sola e non aveva capito il mio lavoro.

papà ti mando un bacio.

il reportage qui: Nunca Maìs Petroleo en el Mar

2 Commenti
  1. Sabrina
    Sabrina
    08 May 14

    Eri una delle tate figurine del benedettino, fino a quando una sera non ho incrociato il tuo sguardo.  La luce di cui scrivi era ben evidente. Felice di sapere che non ti sei arresa e con un tale risultato. Sabrina

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